domenica 10 febbraio 2019

SOLE KUORE AMORE


Non guardo Sanremo da quando non più convivente con i miei genitori. Ma in questo non credo esserci un atteggiamento snobistico o “radical chic”, come si dice adesso. Semplicemente mi annoia. Mi annoia quel genere di musica (in macchina da anni ascolto solo un network radiofonico che trasmette rock). E, soprattutto, non riuscirei a seguire un programma televisivo, che da anni dura continuativamente quasi una settimana. Mi annoia da sempre il fatto che si voglia mettere un perimetro alla canzone italiana, che ci sia un festival della canzone italiana, etichettante. E che, quello che sta dentro quell'evento esclusivamente commerciale che è Sanremo, siano canzone e musica italiana, e quello che sta fuori non lo sia. Stringere, anzi costringere l'espressione musicale e artistica dentro una concezione identitaria, per certi aspetti cromosomica. Come se gli artisti italiani, la maggioranza peraltro, e penso alle generazioni dei cantautori, che non sono mai andati a Sanremo, non facciano parte della canzone italiana, e non abbiano stravenduto per anni. Sarà tragicamente singolare o no, che l'unico cantautore vero che è andato al Festival, si sia suicidato in una camera d'albergo? Mi annoia poi il dibattito postumo di certe edizioni del festival sui vincitori. Tipo quest'anno. La canzone che ha vinto, leggo, non ha niente a che vedere con la melodia italiana. Ma cos'è la melodia italiana? Esiste? Ha senso parlarne in questi termini, a mio avviso, se il riferimento è alla secolare tradizione del melodramma, o a certa canzone di alcune culture regionali, come quella partenopea. Se Sanremo, come evento dello spettacolo, è figlio dei tempi, ci sta che vinca un brano rap o hip-pop, perché quelli sono generi di musica chiari, definiti, scientifici per certi aspetti. E i giovani italiani, e tutti i ragazzini del mondo, interagiscono con la musica rap e attraverso i rapper. Ma come, adesso ci sorprende, quasi ci indigna, che questo genere di musica abbia vinto il cosiddetto festival della canzone italiana? Ma se proprio giusto due mesi fa, purtroppo, un paio di generazioni di adulti e genitori, discutevano con presunta competenza del bene e del male della musica rap, dei rapper, a seguito della tragedia di Corinaldo? Come se ad ammazzare quegli adolescenti fosse stato il genere di musica, e non la filiera commerciale dei locali da ballo, di cui anche non pochi artisti sono complici, che pur di far soldi, stipa persone in contenitori non a norma. E dopo aver improvvisamente scoperto, a seguito di quell'enorme lutto, quale musica tutti i giorni ascoltassero, e che miti avessero i propri figli, che inconsapevoli scarrozzavano tutte le settimane davanti a locali, il più delle volte non rispettosi di elementari norme di pubblica sicurezza e delle leggi, all’interno e all’esterno. Poi, come in tutti i mondi, e anche in quello della musica e dello spettacolo, ci sono personaggi negativi e positivi; che con la loro arte comunicano valori e disvalori. Ci sono stati artisti che sono stati a Sanremo, che hanno portato sul palco la tanto piaciute e desiderate canzone e melodia italiana, beccati poi nella vita con montagne di droga nel garage... Quest'anno ha vinto un rapper, con un testo che dice che i soldi non sono un valore e il tutto dell'esistenza. Mi pare un bel messaggio per i nostri ragazzi, che distratti e ignari portiamo a sentire artisti che gli dicono che invece nella vita contano solo i soldi, le macchine e la fica. Non mi soffermo per nulla su quanto sia più o meno straniero o italiano l’artista che ha vinto. Come ho avuto modo di leggere, apprezzandolo, questa sarebbe già una discussione e disquisizione razzista.





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