Natale lo incontro tutte
le mattine, quando con l’apetto va a fare la spesa per lui e per la moglie, e a
volte stanno insieme dentro l’apetto che scorrazza per la salitella. Ma la
spesa la fa anche per i capponi e i tacchini. Si, perché Natale intorno casa
tiene polli, capponi e tacchini, allevati a terra. E ne ha grande cura,
nonostante l’età avanzata. Quando passa con l’Ape, Natale alza la mano in segno
di saluto, ed io ricambio. Oramai è divenuto un codice quotidiano. Quando è
capitato, con Natale, alla festa della frazione, dopo la Messa e la
processione, si sono fatte sempre due chiacchiere. Lui sta arrabbiato su come
viene gestito il territorio, e su quale considerazione abbiano le persone che
vivono qui. Non so perché, ma gli sto simpatico, forse perché la penso come
lui. Lui abita dopo il ponte del fiume, e con l’apetto fa pure le gallerie.
Dopotutto, lui non ha altri mezzi, e la strada Clementina, quella fatta dal
Papa nel 1700, e che consentirebbe a Natale di guidare un po’ più tranquillo,
ancora non la riaprono. Prima bisogna pensare la raddoppio della Quadrilatero,
al turismo e poi, se ci scappa, pure a quelli che vivono qui. La casa di Natale
sta sotto il monte, dal quale si staglia uno sperone di roccia giurassica,
scaglia rossa, che qui chiamano la “sedia del Papa”, in onore Leone XII, il
Papa della Genga, nato qui. Lo sperone è il segno distintivo di questa valle,
un’architettura geologica che sembra quasi il guardiano di questa parte
d’Appennino. Ha un suo grande fascino, e gli abitanti del posto ci sono
affezionati. Il 30 ottobre 2016, lo sperone ha resistito alla magnitudo 6.5,
che ha finito di tirar giù l’Appennino; chissà in centinaia di migliaia di anni, a
quante magnitudo questo gigante avrà resistito. Da tempo, ferrovie e Anas non
guardano di buon occhio lo sperone, che si erge sopra strada e ferrovia. La
natura è sempre un fastidio per le grandi opere infrastrutturali, un intralcio.
Il Comune si preoccupa, ad un certo punto, del fatto che lo sperone possa avere
subito danni con i terremoti del 2016, ed essere divenuto un pericolo
incombente. Ed ha un idea geniale, nella sua primitiva semplicità: si potrebbe
far saltare con l’esplosivo. La cosa viene a conoscenza delle associazioni
ambientaliste e per la tutela del paesaggio, che fanno presente una cosa
banale: guardate, che nel ventunesimo secolo, ci sono metodi per mettere in
sicurezza abitati e strade, che possono essere anche capaci di salvaguardare in
maniera conservativa il territorio, ed anche le persone. Ma vuoi mettere una
bella esplosione? Dopotutto, qui è una prassi consolidata, con le cave i botti
sono settimanali, da decenni. Ultimamente, i cavatori hanno un po’ esagerato
con il potenziale pirico: ad una famiglia che abita vicino casa di Natale, il
botto di una mina di cava gli ha buttato giù i piatti dalla credenza. Poi c’è
il Sindaco. Che come nella trama manzoniana dei Promessi Sposi, che narra dei
capponi di Renzo (qui, nel caso, quelli di Natale), interpreta in maniera
perfetta il ruolo di Don Abbondio. Un Sindaco, il cui Comune, Genga, nonostante
molti danni del terremoto, sta fuori dal cratere sismico. E questo, non perché
i legislatori siano stati malvagi e abbietti, con questa povera comunità di
millesettecento e rotti abitanti. Tanto che, sollecitato da me ed altri a
battersi, contattando i parlamentari del territorio, per far inserire Genga nel
cratere, la mattina del 18 novembre 2016, mi manda questo sms alle ore 12.00:
“Viste le prescrizioni di Fabriano non so se è meglio ai fini turistici”. Stop.
Orbene, Il Sindaco, preoccupato della ipotetica pericolosità dello sperone e, ancor
più dell’incolumità delle persone, di quella penale del suo status di amministratore, commissiona
uno studio per verificare la stabilità del monolite roccioso. Si badi bene, la
6.5 c’è stata il 30 ottobre 2016, e l’atto di incarico ai tecnici per le
verifiche, è datato 28 agosto 2017. La preoccupazione ha i suoi tempi di
maturazione da queste parti. E lo studio, settimane dopo, evidenzia che le
scosse potrebbero aver reso instabile lo sperone. Partono le riunioni tra Enti
sul da farsi; chi è per il grande botto e chi si oppone, come Sovrintendenza e
Parco. E allora il Sindaco, intimorito sempre per il suo profilo di
responsabilità penale, che fa? L’11 dicembre scorso fa una bella Ordinanza, la n. 109, in
cui chiude la strada comunale sotto lo sperone, e sgombera d’imperio Natale, e
tutti quelli che abitano lì intorno, richiamando le normative dell’emergenza
sul terremoto. Prevedendo che gli sfollati, dopo aver lasciato le proprie case,
possano usufruire, se lo ritengono, del contributo di autonoma sistemazione, proprio
come i terremotati. Il tutto, dopo aver tenuto incoscientemente Natale ed altri
cittadini che abitano lì, oltre quelli che ci sono passati, per oltre un anno
in condizioni di presunta pericolosità personale. E i capponi di Natale, quando a
questo povero vecchio lo costringeranno ad andar via, che fine faranno? E anche
gli altri animali domestici di quella frazione, quando e se ci sarà
l’esplosione, verranno evacuati come le persone, o verranno travolti dai
detriti? E l’altro ottuagenario malato che non esce di casa, come lo portano
via? Dove li confineranno? Gli faranno fare le festività a casa o li buttano
fuori prima? Io non so se a Natale e agli altri gliel’hanno ancora detto che li
cacciano via, considerato che ad oggi l’ordinanza non è stata ancora pubblicata
sull’Albo Pretorio on line del Comune, così come dispone la legge. Alla fine
glielo dirò forse prima io a Natale, domani mattina, quando passa con l’apetto,
lo fermo e ci parlo. Tutta questa,
altri non è che una “piccola storia ignobile”, una delle tante, in cui i veri elementi
pericolosi, ben più di uno sperone giurassico, sono gli amministratori locali
di una comunità. E che dovrebbero, considerati i loro comportamenti, essere i
primi a venir gentilmente sgomberati, per pubblico interesse, dai propri ruoli; in
cui quotidianamente, brillano, come le mine, solo per disattendere alla
Costituzione della Repubblica Italiana, sulla quale hanno giurato.
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