A Genga non c’è una piazza che sia
luogo identitario e ritrovo della socialità quotidiana; e sede come in ogni
paese, di un mercato settimanale. Non c’è neanche uno spazio civico al chiuso,
dove gli abitanti possano trovarsi; un centro sociale, un circolo cittadino. A
Genga ci si incontra solo nei quattro bar, tra slot machine e gare sportive televisive. La spesa media pro capite
al gioco d’azzardo (1748 abitanti) nel 2017, è poco oltre i 1000 euro l’anno
(dati ufficiali). A chi amministra il diritto ad una pubblica socialità, come anche
la patologica tendenza all’azzardo, sembrano non interessare. Eppure il Comune ha
un locale di proprietà da destinare ad una funzione sociale, di 300 metri
quadri, all’interno del Castello di Genga. Chiuso da tempo, riaperto alcuni
giorni l’agosto scorso per una mostra. Per molti anni lo ha concesso in affitto
solo ad attività ristorative private. Che, purtroppo, non hanno mai avuto
successo. Tanto che l’ultima gestione, per mesi non è riuscita ad assolvere
agli impegni economici con il Comune. Costretto, quest’ultimo, ad un
contenzioso per rientrare in possesso dei locali, e ad un atto amministrativo di
pignoramento per recupero crediti. Ma il Comune ha voluto persistere,
confortato dalla Delibera di Consiglio n. 21 del 26 ottobre 2018, nel ritenere
vocati quegli spazi ad una attività imprenditoriale economica. Un scelta che fa
sorgere domande e perplessità; non tanto sulla correttezza giuridica e formale,
ma quanto sull’opportunità politica ed i tempi. Perché destinare i locali
esclusivamente ad uso commerciale, e non prevedere anche un possibile utilizzo
sociale, civile e culturale? Perché ammettere al bando solamente alcuni
soggetti, e precludere la possibilità a parteciparvi ad Associazioni, Fondazioni,
Comunanze Agrarie, Onlus, Enti No Profit? Perché si è scelto prima un canone di
locazione basato su criteri catastali, e poi si è deciso di abbatterlo
drasticamente? Considerato che, in seconda battuta, si è applicato un canone
poco oggettivo, quello dell’ultimo contratto. Perché si è scelto di concederlo
in affitto per 9 anni? Un periodo molto lungo, una scelta curiosa per
un’Amministrazione Comunale in scadenza a giorni, con un Sindaco al secondo
mandato (anche se ricandidabile per un terzo). Che impegnerà non solo il primo
mandato del nuovo Sindaco, ma anche quasi tutto l’eventuale secondo mandato
elettivo, fino al 2028. Perché non si è tenuto conto, tra il 14 e il 25
febbraio scorso, della lettera formale al Sindaco, scritta il 21 febbraio dalla
Comunanza Agraria “3 Parrocchie”? Che è un ente giuridico secolare senza scopo
di lucro, ed impegnato nella promozione sociale, culturale ed ambientale, costituito
da cittadini di Genga. Lettera in cui venivano richiesti al Comune i locali del
Castello, per avviarci un’attività di promozione sociale per gli abitanti.
Diversi perché. Ma vediamo con ordine i fatti: il 27 novembre 2018 con
Determinazione Dirigenziale n. 436, il Comune pubblicava un bando per “la
concessione in locazione dei locali comunali Piano Terra Palazzo Comunale Genga
capoluogo, da adibire ad esercizio commerciale”, con un importo a base
d’asta come canone mensile di 1120 euro oltre IVA. Per un contratto di 9 anni. Un bando a cui erano ammessi a parteciparvi solo
“imprese individuali, società
commerciali, società cooperative, consorzi di cooperative”. Alla scadenza
del 27 dicembre 2018, la gara è andata deserta, così da indurre la Giunta con
delibera n. 7 del 14 febbraio 2019, a procedere all’emissione di un nuovo bando.
In cui rispetto al precedente si introduceva una novità: “Dato atto che il canone annuo calcolato sulla
base del 10% del valore catastale, risulta quindi eccessivo ed è preferibile
utilizzare, come base di gara, una cifra congruente con il canone versato dal
precedente affittuario e quindi pari ad euro 350/mese.” Un
abbattimento del canone del 31,25%. E quindi, nel nuovo bando, pubblicato il 25
febbraio 2019 con scadenza il 4 aprile, tutte le caratteristiche sono uguali al
primo, fatta eccezione per il canone di locazione. I soggetti ammessi, la
durata del contratto, le premialità progettuali: “vendita di prodotti della produzione locale, organizzazione di eventi
per la promozione di Genga, interventi di riqualificazione delle
aree circostanti i locali compresi programmi di pulizia e manutenzione
ordinaria delle aree stradali e pedonali interne al castello”. Diversi gli aspetti inusuali in
questa storia. Che lasciano pensare, nel pur corretto corso delle procedure
amministrative, che già esistano aspettative di qualche potenziale interessato.
Una vicenda che confligge con un’altra scelta, quella della Delibera di Giunta
n. 10 del 28 febbraio scorso, con cui il Comune ha rinnovato, per la seconda
volta consecutiva, senza alcun bando, la locazione dell’ex scuola comunale di Catozzi
alla squadra Cacciatori al Cinghiale di Genga, per un canone di 68 €/mese.
Riconoscendo, si legge nell’atto, “la valenza aggregativa e sociale svolta dalla Squadra
Cacciatori al cinghiale nel contesto gengarino”, e che l’associazione “oltre a svolgere
attività prettamente venatoria svolge un importante punto di riferimento per le
persone anziane che non hanno molti ritrovi aggregativi se non il bar ed al
tempo stesso promuove campagne di sensibilizzazione per la raccolta di rifiuti
tossici all’interno del territorio Comunale
e all’interno del Parco Gola della Rossa e Frasassi, coadiuvando
l’Amministrazione Comunale in tutte le iniziative volte a sensibilizzare la
cittadinanza sull’argomento rifiuti”. Insomma, buon senso vorrebbe, che
un Sindaco in scadenza tra qualche settimana, provveda a ritirare il bando e a lasciare
la scelta alla nuova Amministrazione.
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