C’è un tema sottotraccia che attraversa la Laudate Deum di papa Francesco, ed è quello della democrazia. O meglio, la crisi, se non addirittura la fine, delle forme di rappresentanza democratica nate dopo il 1945. La presa d’atto che le governance mondiali e nazionali, non riescono (ma è palese che non vogliono) a fare il necessario per arginare gli effetti della crisi climatica. Basti pensare alle dichiarazioni del presidente della prossima Cop28 a Dubai, Sultan al Jaber: “È fantasia abbandonare frettolosamente la struttura energetica esistente per perseguire gli obiettivi climatici”. Il che significa che la Cop28 è finita ancora prima di iniziare.
La
crisi climatica penalizza doppiamente le regioni più povere del pianeta,
colpite dai fenomeni estremi innescati dal surriscaldamento terrestre. In cui le povertà di chi perde il già
poco che ha per un’alluvione, un incendio, l’innalzamento dei mari, un’intensa
siccità, aumentano e si amplificano. Ma di questo la colpa viene scaricata
addosso ai poveri. Riferendosi in particolare alla politica negazionista (ad
esempio buona parte del governo italiano), amplificata dal main stream,
il papa è esplicito:
“Come al solito, sembrerebbe che la colpa sia dei poveri.
Ma la realtà è che una bassa percentuale più ricca della popolazione mondiale
inquina di più rispetto al 50% di quella più povera e che le emissioni pro
capite dei Paesi più ricchi sono di molto superiori a quelle dei più poveri (LD
1,9)”.
Papa
Francesco demolisce anche un’altra fake news:
“Spesso si dice anche che gli sforzi per
mitigare il cambiamento climatico riducendo l’uso di combustibili fossili e
sviluppando forme di energia più pulita porteranno a una riduzione dei posti di
lavoro. Ciò che sta accadendo è che milioni di persone perdono il lavoro a
causa delle varie conseguenze del cambiamento climatico (LD 1,10)”.
Si pensi
alla chiusura della Magneti Marelli a Crevalcore, in cui una mera
delocalizzazione, viene rivenduta come conseguenza dell’abolizione entro il
2035 della produzione di motori endotermici, stabilita dalla UE. Oppure alle
migliaia di aziende agricole italiane chiuse nel 2022 per effetto delle ondate
di calore e della siccità.
Le governance politiche nazionali sono
dipendenti dalle lobby economiche e finanziarie delle industrie del fossile, e
dalle multinazionali dell’agroalimentare. Perché come scrive il papa:
“Purtroppo, la crisi climatica non è
propriamente una questione che interessi alle grandi potenze economiche, che si
preoccupano di ottenere il massimo profitto al minor costo e nel minor tempo
possibili (LD 1,13)”.
Dalla
tragedia del Vajont, il 9 ottobre di 60 anni fa, ogni infrastruttura che
devasta l’ambiente per alimentare il capitalismo più feroce e l’interesse di
pochi, ha bisogno di muoversi nei sottoboschi della politica e delle
istituzioni; di
sottrarsi a qualsiasi processo democratico e partecipativo che coinvolga le
comunità che vivono in quei territori. Uno scempio ambientale è sempre
preceduto e accompagnato da uno scempio della democrazia.
Il papa lo
evidenzia in un paragrafo magistrale:
“La decadenza etica del potere reale è
mascherata dal marketing e dalla falsa informazione, meccanismi utili nelle
mani di chi ha maggiori risorse per influenzare l’opinione pubblica attraverso
di essi. Con l’aiuto di questi meccanismi, quando si pensa di avviare un
progetto con forte impatto ambientale ed elevati effetti inquinanti, gli
abitanti della zona vengono illusi parlando del progresso locale che si potrà
generare o delle opportunità economiche, occupazionali e di promozione umana
che questo comporterà per i loro figli. Ma in realtà manca un vero interesse
per il futuro di queste persone, perché non viene detto loro chiaramente che in
seguito a tale progetto resteranno una terra devastata, condizioni molto più
sfavorevoli per vivere e prosperare, una regione desolata, meno abitabile,
senza vita e senza la gioia della convivenza e della speranza; oltre al danno
globale che finisce per nuocere a molti altri (LD 2,29)”.
Su
questo, gli esempi potrebbero essere infiniti, ma riferendoci alle Marche, la mia
regione, i riferimenti non mancano: il gasdotto appenninico SNAM, la
Quadrilatero, gli impianti sciistici sul Monte Acuto, la proliferazione degli
allevamenti avicoli Fileni in provincia di Ancona (qui si allevano 5,8 polli
per abitante, 150 a Jesi), il permanere della raffineria Api di Falconara
Marittima, che proprio in questi giorni festeggia i 90 anni, e che ha fatto del
territorio limitrofo una Zona AERCA (area ad elevato rischio di crisi
ambientale).
I
governi nazionali del pianeta sono sempre di più oligarchici e autoritari, e anche quando si convocano per
occuparsi degli effetti della crisi climatica, come in occasione delle COP, si
fingono multilateralisti.
“Non giova confondere il
multilateralismo con un’autorità mondiale concentrata in una sola persona o in
un’ élite con eccessivo potere (LD 2,35)”.
Anche
rispetto alla prossima COP28 di Dubai, nell’Esortazione c’è giusto un formale
richiamo, quasi rassegnato sul possibile esito.
A
proposito della “Casa Comune”, papa Francesco in apertura è perentorio:
“con il passare del tempo, mi rendo
conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta
sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura”.
Non
solo il nostro pianeta è malato, stremato per colpa dell’azione dell’uomo, ma
anche la rappresentanza democratica è in agonia (specie nell’Occidente), e non
ce la può fare più da sola.
“Tutto ciò presuppone che si attui una
nuova procedura per il processo decisionale e per la legittimazione di tali
decisioni, poiché quella stabilita diversi decenni fa non è sufficiente e non
sembra essere efficace. In tale contesto, sono necessari spazi di
conversazione, consultazione, arbitrato, risoluzione dei conflitti,
supervisione e, in sintesi, una sorta di maggiore “democratizzazione” nella
sfera globale, per esprimere e includere le diverse situazioni. Non sarà più
utile sostenere istituzioni che preservino i diritti dei più forti senza
occuparsi dei diritti di tutti. (LD 3,43)”.
È
il tempo in cui le istituzioni devono essere affiancate parallelamente da nuove
forme di partecipazione e democrazia dal basso, indipendenti. Queste oggi sono
espresse dai movimenti che in ogni angolo del pianeta si battono per la
giustizia sociale e climatica, e che proprio nei giorni scorsi si sono trovati tutti a Milano
per il World Congress for Climate Justice. Collettivi che
trovano nella Laudate Deum piena legittimazione:
“Poniamo finalmente termine
all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo
ambientale, ‘verde’, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici.
Ammettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in senso
ampio e a vari livelli. Per questo si richiede un coinvolgimento di tutti.
Attirano spesso l’attenzione, in occasione delle Conferenze sul clima, le
azioni di gruppi detti “radicalizzati”. In realtà, essi occupano un vuoto della
società nel suo complesso (LD 2,58)”.
Sono
composti perlopiù dalla Generazione Z, che con la scelta della disobbedienza
civile nonviolenta, rappresentano una nuova democrazia dal basso. Tutte loro,
in una organizzazione interna che è esclusivamente circolare e orizzontale,
senza vertici, capi, organi rappresentativi, sono il modello di una nuova
democrazia, che la crisi del pianeta candida a sostituire quella tradizionale,
oramai inefficace.
Di fronte
alla rappresentanza democratica storicizzata, incapace di farsi carico
dell’interesse generale dei popoli, e che spaventata dal nuovo proveniente
dalle strade agisce reprimendo, paradossalmente un blocco stradale, il lancio
di vernice lavabile sulla vetrina di una multinazionale, il boicottaggio di una
pompa di benzina, diventano, anziché gesti eversivi, atti democratici
autentici.
È anche a
loro che il papa fa riferimento:
“la globalizzazione favorisce gli scambi
culturali spontanei, una maggiore conoscenza reciproca e modalità di
integrazione dei popoli che porteranno a un multilateralismo ‘dal basso’ e non
semplicemente deciso dalle élite del potere. Le istanze che emergono dal basso
in tutto il mondo, dove persone impegnate dei Paesi più diversi si aiutano e si
accompagnano a vicenda, possono riuscire a fare pressione sui fattori di
potere. È auspicabile che ciò accada per quanto riguarda la crisi climatica”
(LD 3,38).
La Laudate
Deum ha una straordinaria valenza spirituale, politica e sociale. Ma,
a differenza della Laudato Si’, lascia trasparire un’amara
consapevolezza da parte dell’autore. Bergoglio, come Francesco
d’Assisi sul quale ha centrato tutto il suo pontificato, in questa società, e
per i poteri di questo tempo, è un uomo solo e sul margine. Ma proprio
per questo, paradossalmente rappresenta per tutti i messi al margine, che sono
la stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta, l’unica autorità mondiale
credibile a cui far riferimento; anche se non si crede in niente e a nessuno.
Di fronte ai cosiddetti leader mondiali, che non
rappresentano se non se stessi, e ristrette élite economiche,
papa Francesco è il solo leader dell’intera umanità. Con il
pianeta Terra, in cui il genere umano, secondo gli scienziati, nel perseverare
delle attuali scelte, sta accelerando verso l’estinzione, guidato da personaggi
già sconfitti, Francesco è il solo vincitore. Una solitudine,
quella nella causa della salvezza del pianeta (e forse non solo in questa), che
Bergoglio vive per primo dentro la Chiesa Cattolica:
“Sono costretto a fare queste
precisazioni, che possono sembrare ovvie, a causa di certe opinioni sprezzanti
e irragionevoli che trovo anche all’interno della Chiesa cattolica… (LD 1,14)”.
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