L'ha tenuto stretto tra le mani tutto
il tempo dell'incontro, quasi due ore, senza muoverlo, senza appoggiarlo
neanche sulle ginocchia, come fosse la cosa più preziosa del mondo. È rimasta
seria, sempre, accigliata, con lo sguardo fiero da donna dell'Appennino,
attenta ad ascoltare tutte le parole che si dicevano, come se non volesse
perderne anche una. Aveva sorriso solo prima di sedersi per l'incontro, prima
con gli occhi enormi, sgranati, come quelli di una bambina, solo dopo con le
labbra; quando Laura (mia moglie, cosi palesiamo subito il conflitto di
interessi), gli aveva detto che lì dentro c'era il suo nome, si parlava di lei.
Lì dentro, è lì dentro il libro "I Racconti di San Pellegrino", che
oggi veniva donato agli abitanti di S. Pellegrino di Norcia. Pagine e parole
scritte prima con l'anima e poi con la tastiera dai tre autori ternani, Laura,
Marco e Marco, la cui vendita andrà a sostenere il progetto di Rifiorita, con
cui da mesi ex liceali oramai cinquantenni hanno coinvolto una intera città,
Terni, dai boy scout agli ultrà della Ternana. L'obiettivo è quello di
raccogliere la somma necessaria perché a San Pellegrino, piccolo paese di poco
più di cento abitanti nella piana di Norcia, possano avere a breve una
struttura da adibire a centro sociale. "Che cosa vi serve - avevano
chiesto loro ai primi di novembre - cosa possiamo fare?" E loro, che dal
24 agosto non avevano più nulla, perché tutto il paese è stato polverizzato dal
terremoto, avevano chiesto non una cosa per sé o per altri in particolare, di
emergenza o di prima necessità, ma qualcosa per tutti, che ristabilisse il
senso della comunità, della relazione, dell'appartenenza: un centro sociale;
strani questi montanari... E stamattina erano tutti lì, nel viale ritagliato
dal villaggio "Della Rinascita", che separa le SAE dove abitano da
febbraio gli abitanti. C'era molta emozione, nel ritrovarsi, nel rivedersi.
Eravamo stati qui il 27 dicembre e il clima era diverso, ma sempre di speranza
e di battaglia. Ma appena sceso dalla macchina, sentivo che c'era qualcosa di
strano, che non andava... Non sentivo quel tanfo maleodorante e putrescente
della Strategia dell'Abbandono (e di quanti la perseguono), che si annusa
subito nelle Marche. Ma non tanto perché ci sono le SAE abitate dai primi di
febbraio, che avevo visto già consegnate e pronte da montare il 27 dicembre
(nelle Marche, ad Arquata del Tronto, dal 24 agosto, stesse procedure, i primi
assegnatari sono entrati in casa il 30 giugno; così, per dire...). Ma perché
qui, da quella mattina del 24 agosto non se n'è andato nessuno, e nessuno li ha
deportati al mare forzosamente, ma sono rimasti a San Pellegrino, hanno potuto
montare tende e casette fai da te nell'orto in giardino senza essere denunciati
per abuso edilizio; è vero, qualcuno timidamente ci ha provato a proporgli di
andare al mare e al lago, ma loro hanno reagito come comunità, hanno resistito,
tutti per uno e uno per tutti. Hanno tribolato, è stata dura con l'inverno, gli
animali, ma stamattina sono comunque contenti di esserci, di stare qui, di
accogliere. Una famiglia mi invita per un caffè dentro la loro SAE. Ho voglia
di un caffè, ma mi sento di disturbare, di invadere la loro ritrovata stabilità
precaria. Accetto, e nell'entrare mi viene l'istinto di togliermi le scarpe
come si usa fare in Giappone, in segno di rispetto. Prendo il caffè, in piedi,
anche se sono stanco, ho fatto in tre giorni più di mille chilometri, e mi
siederei volentieri sul divano compreso nell'allestimento SAE; ma anche qui
prevale uno strampalato istinto di delicatezza e rispetto. "Se ti serve il
bagno - dicono - fai pure". "No grazie - anche se ci andrei di corsa
- non ne ho bisogno". Chissà perché, in quel modulo così impersonale, dove
sono riusciti a portare solo una vecchia credenza dalla casa crollata, mi
scatta un istinto di attenzione e rispetto per quell'ambiente, che per loro ora
è il tutto, che è del tutto irrazionale. Poi torniamo, inizia l'incontro,
Isabella l'editrice non vuole parlare, è emozionata, dice che già gli viene da
scoppiare a piangere appena scesa dalla macchina. "Annamo bene - penso -
già è difficile per tutti non commuoversi solo nel ritrovarsi con gli occhi, e
adesso ti ci metti pure tu..." Però l'incontro poi va bene, è bello,
Isabella poi parla, e parla pure Lucio, il pompiere di Terni che è vissuto qui
con loro per mesi, e oramai è di San Pellegrino pure lui. Alla fine inizia a
piovere, ma si pranza tutti assieme sotto gli spioventi delle SAE. Ho capito
durante l'incontro perché qui non c'è puzza di Strategia dell'Abbandono; è
perché c'è una comunità forte, coesa, che ha resistito alle sirene
ammaliatrici, e poi anche perché qui, seppur ritardi, problemi, disguidi ci
sono stati, c'è stato un po' di buon senso delle Istituzioni. E perché forse
alla fine, qui non c'è un mare dove deportare per razionalizzare i servizi e
spopolare la costosa montagna (e il Trasimeno si sta prosciugando), nè magari
un enorme invenduto da bolla speculativa immobiliare da rifilare ai
terremotati. Alla fine arriva Cecilia, la più anziana del paese, con suo libro
stretto ancora in mano, quello dove si parla di lei. "Io abito laggiù - ci
dice sorridendo - mi hanno dato la SAE al civico n. 1, la prima. Quando tornate
venite a suonarmi".
P.S. Il libro "I racconti di San Pellegrino", di Laura Trappetti, Marco Morandi e Marco Vescarelli, edizioni Intermedia costa 10 €. Lo trovate su Amazon o sul sito della casa editrice. San Pellegrino ha bisogno di un centro sociale.
Bella descrizione, piena di verità intrinseche nel luogo. Purtroppo, solo chi conosce quella gente, può capire a pieno il grande senso di vita che esiste in quelle persone. Complimenti all'autore.
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