Lo
scorso 8 luglio è stato un bel pomeriggio a Sassoferrato e per Sassoferrato,
che grazie alla scrittura di Loredana Lipperini, autrice di “L’Arrivo di
Saturno”, ha ritrovato la vita e la carica ideale di due persone care alla
città come Italo Toni e Graziella De Palo. C’era la Sala Ottoni piena,
c’erano i familiari di Italo, il fratello Aldo, il cugino Alvaro Rossi, il
nipote e la cognata. Oggi ricorre il 37° anniversario della scomparsa di
Graziella ed Italo, usciti quella mattina da un albergo di Beirut, e poi
spariti. Una storia che ancora oggi, purtroppo, per primo nelle Marche, è
scarsamente conosciuta. E di conseguenza, dopo 37 anni, è una Memoria che ha
ancora bisogno di essere costruita. E sarebbe importante e significativo se,
sull’emozione di un pomeriggio d’estate a Palazzo Ottoni, la Città di
Sassoferrato scegliesse a breve, oramai per il prossimo anniversario, di dare
un segno concreto e visibile, alla costruzione di questa Memoria, e alla vita,
alla passione e alla professionalità di due italiani come Graziella De Palo e
Italo Toni; entrambi, allo stato civile, tutt’ora scomparsi.
C’è
bisogno di segni concreti per sentire la Memoria, c’è bisogno di un luogo, uno
spazio, un contenitore pubblico, dove i parenti e i cittadini possano ricordare
due persone care, non avendo una tomba, una lapide su cui appoggiare un mazzo
di fiori. Perché Sassoferrato, è stata ed è la città di Italo Toni, scomparso
in Libano insieme alla collega ed ex compagna Graziella De Palo, il 2 settembre
1980.
Di loro
ad oggi non si è saputo più nulla. Sulla loro vicenda Craxi, Presidente del
Consiglio, allora mise il Segreto di Stato, parzialmente rimosso solo nel 2015.
Erano quelli gli anni, di un’Italia in cui era facile sparire. Era, quella del
2 settembre 1980, quando Graziella ed Italo scompaiono, un’Italia ancora
sgomenta e provata dalla strage della stazione di Bologna giusto il mese prima,
e da lunghi anni di stragismo e terrorismo; che neanche si accorge che due
giornalisti quella mattina, usciti da un hotel di Beirut, non vi faranno più
ritorno, diventando, anche loro, uno dei tanti “misteri d’Italia”. E
probabilmente, il “più mistero di tutti”.
Graziella
e Italo erano andati in Libano, perché seguivano delle tracce che avevano a che
fare con la strage di Bologna, con traffici di armi, con servizi segreti, con
l’OLP, con palestinesi e fascisti, con le stragi dei treni e Ustica. E,
soprattutto, con il “Lodo Moro”. Ovvero, quel patto tacito e mai scritto, ma
mai smentito, tra lo statista DC e i servizi segreti palestinesi, in cui lo
Stato avrebbe consentito, chiudendo un occhio, il passaggio di flussi di armi
attraverso il nostro Paese, in cambio che in Italia non avvenissero attentati
di matrice mediorientale. Un patto che ha retto e che, a guardare bene, regge
anche oggi…
Ma
Graziella ed Italo, avevano intuito che a Bologna il 2 agosto, qualcosa di quel
patto, non aveva funzionato. E avevano deciso di partire per Beirut. Aldo Toni,
fratello di Italo, e Alvaro Rossi, il cugino del giornalista: loro per decenni
hanno lottato per conoscere la Verità, hanno incontrato Pertini, il Papa,
Arafat, Presidenti del Consiglio e Ministri, alti e oscuri funzionari e
faccendieri dei servizi segreti; hanno cercato di tenere viva una memoria;
Alvaro ha creato un sito e scritto un libro inchiesta anni fa. “Poi a
un certo punto – ammette con sofferenza Alvaro – mi sono
fermato, quando ho capito che essere “il parente delle vittime”, stava
diventando un lavoro“.
Perché
in Italia è così, si può restare “parenti delle vittime” per sempre. I
parenti e gli amici di Italo e Graziella, forse, oggi hanno fatto i conti,
quelli privati, quelli dell’anima, con questa dolorosa vicenda. Chi non ha
fatto ancora i conti con la storia d’Italo e di Graziella (non ha voluto?, non
ha potuto?, non ha saputo?) è l’Italia, lo Stato, la Repubblica, come con tante
altre, passate e più recenti, drammatiche vicende. Perché, come scrive Loredana
Lipperini, l’autrice del libro “L’Arrivo di Saturno”, “tutti i romanzi
mentono, ma chi ha mentito nel mondo reale non lo ha fatto per raccontare,
bensì per far dimenticare“.
2 settembre 2017
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