mercoledì 17 ottobre 2018

IL PREZZO DELLA TRASPARENZA (a Genga, almeno)


Certo, che la vita da cittadino, in certe situazioni, è difficile. Intendo se vuoi essere un cittadino attento, informato, e partecipe di quelle che sono le dinamiche gestionali e decisionali delle Istituzioni politiche che regolano la vita del posto dove abiti. Poi, se non te ne importa nulla, la qualità della vita nel luogo dove stai non è la tua priorità, se non pensi che chi ti amministra ti debba garantire dei servizi, agendo nella trasparenza, se sei uno di quelli che il voto se lo vende per un frizzantino, allora tutto chiaramente è molto più semplice e indolore. Ma alla fine, non sei diverso dal somaro che abbassa la testa per paura del padrone. Cercavo da tempo un’Ordinanza Sindacale del Comune di Genga, che disciplina la viabilità della strada comunale della mia frazione, di molti anni fa. Uno di quei provvedimenti di cui si parla, si dice, si menziona, ma di cui nessuno sa bene cosa ci sia scritto. Un atto, che per età, non si trova sull’Albo Pretorio on line del Comune, che per le Ordinanze non va indietro nel tempo oltre il 2010.  Per cui mi sono recato in Comune per fare la richiesta di accesso agli atti ai sensi della Legge 241 del 1990. Chiedendo di avere copia semplice del documento che mi interessava. Era il 10 settembre 2018. Il 4 ottobre, mi arriva un email del Comune, firmata dal responsabile dell’Ufficio competente, che mi comunicava che, per avere copia semplice di quell’atto che risultava essere del 1991, avrei dovuto versare anticipatamente alla Tesoreria Comunale 30 centesimi di euro per il costo della fotocopia (trattandosi di un solo foglio), più 50 euro di diritti di ricerca, trattandosi di un documento di oltre 10 anni fa. I 50 euro, stabiliti non dalla legge, ma da una delibera, la n.7 del 19 gennaio 2002, della Giunta Comunale di Genga, con oggetto: “Approvazione tariffe e rilascio copie documenti – art. 6 comma 2 del Regolamento Comunale per il diritto di accesso agli atti amministrativi: conteggio diritti”. Abbastanza sconcertato che ad un cittadino, dovendo per legge favorire il diritto alla trasparenza e all’informazione, un Comune chieda 50 euro, mi informo su altri Enti per sapere un po’ come si regolano. A Jesi ad esempio, a prescindere dalla stagionalità dell’atto non si paga nulla, oltre il costo della fotocopia (20 centesimi di euro, meno che a Genga…). Ho il buon esempio dell’Unione Montana Esino Frasassi, dove per una richiesta di atti e documenti, abbastanza corposa, non solo non mi hanno chiesto il pagamento di alcun diritto per qualcosa, ma addirittura mi hanno spedito a casa con raccomandata A/R i documenti chiesti. La cosa che poi costituisce un aggravante, è che sull’Albo Pretorio on line e sul sito del Comune di Genga, la delibera di Giunta del 2002, non c’è; o meglio c’è solo il frontespizio che non dice nulla nel merito, con i nomi dei componenti della Giunta di allora, tutti presenti. Così come non c’è on line sul sito del Comune il richiamato Regolamento per il diritto di accesso agli atti. Il 5 ottobre rispondo all’email del responsabile comunale, chiedendo se per la sola presa visione del documento fosse necessario pagare qualcosa. Mi risponde, sempre in giornata, che “per la sola presa visione l’esame è gratuito”. Per cui qualche mattina dopo salgo in Comune, vado all’ufficio di riferimento, e il responsabile mi mette sopra tavolo il foglio del documento richiesto perché potessi leggerlo, tirandolo fuori da un fascicolo posato sulla sua scrivania. “Se vuole – mi dice - può fotografarlo con il cellulare”. Per cui, il paradosso grottesco è che ho il documento che cercavo, che posso stampare e volantinare, senza aver pagato il costo della fotocopia e i 50 euro del diritto di ricerca. Ricerca che, e questo è l’assurdo, un impiegato comunale ha comunque fatto nell’archivio comunale, dentro qualche vecchio scaffale e faldone, per far arrivare quel foglio sopra il tavolo del responsabile del servizio. Sia che io avessi voluto una copia semplice, sia che avessi voluto semplicemente prenderne visione. Nel mentre, il 7 ottobre, abbastanza incazzato per tutta questa storia miserabile, avevo fatto un quesito all’Ombudsman della Regione Marche, il Garante dei Diritti dei Cittadini, quello che un tempo si chiamava semplicemente il Difensore Civico Regionale. Chiedendo se questa questione dei 50 euro richiesti, fosse regolare rispetto alla legge, o se fosse un prezzo, considerata l’onerosità per il cittadino, che di fatto proibisse e scoraggiasse il diritto alla informazione e alla trasparenza. Con grande dovizia di riferimenti normativi, il 16 ottobre, il Garante mi ha risposto, ed inviato la risposta via p.e.c. anche al Comune di Genga. In sostanza, dalla risposta si evince che il Comune di Genga applica un regolamento legato ad una delibera di Giunta del 2002, e non aggiornato con la normativa di riferimento attuale che è del 2006. Inoltre, la tariffa oggi richiestami di 50 euro per i diritti di ricerca, contravviene il Regolamento dell’Autorità Nazionale Anticorruzione del 31 maggio 2016, che fissa una soglia massima di 12,50 euro per il diritto di ricerca. Che dire, in conclusione? Semplicemente che questo piccolo fatto, conferma la cultura politica che a Genga, ma anche da altre parti, da troppi anni opera perché trasparenza ed informazione non siano una pratica quotidiana e un patrimonio di valori condiviso con i cittadini. Perché, chiaramente, quest’ultimi, meno sanno, conoscono, sono informati, più la politica melmosa e putrescente, che manovra la cosa pubblica favorendo solo gli interessi particolari di alcuni, sopravvive, si perpetua, si riproduce.







1 commento:

  1. Si commenta da se'. Sarebbe importante che quanto hai scritto venisse letto dai responsabili amministrativi di Genga. I nostri commenti, qui, puoi immaginarteli. Mi piacerebbe conoscere i loro.

    RispondiElimina