Non saprei, nel momento in
cui mi accingo a scrivere alcune riflessioni personali, se mi trovo nello status, come detto da alcune e alcuni in questi
giorni, di possessore della “eredità morale della Resistenza”; l’unica eredità
che mi sono ritrovato, ed anche casualmente, semidimenticata in una scatola di
cartone tra un trasloco e un altro, sono due medaglie di bronzo delle Brigate Garibaldi. Mio padre ed io,
solo più di settant’anni dopo, abbiamo ricostruito che, anziché essere state regalate
negli anni a nonno Serafino da qualche parente o conoscente, come c'avevano detto, erano DI nonno
Serafino. Nonno (scomparso nel 1974), mica l’aveva detto a nessuno che a tutti
gli effetti aveva fatto parte di un distaccamento partigiano in quel di Ostra,
che stava con Brutti e Maggini…(fucilati dai fascisti Ostra il 6 febbraio del 1944); c’è toccato andare all’Archivio di Stato, all’Istituto
di Storia e al Distretto Militare, per trovarlo lì, il Serafino, in lista con
tutti gli altri partigiani, 70 anni dopo la Liberazione. Questo, per avvalorare
una cosa che ho imparato in questi anni, avendo avuto il privilegio di
conoscerne tanti, italiani, slavi, di tutta Europa: che i Partigiani parlano
poco o niente; o meglio di quello che hanno fatto e del perché l’hanno fatto,
non ti raccontano proprio nulla, nonostante sollecitati. Anzi, più chiedi e più
si infastidiscono. Poche parole, quello che è si è si, quello che è no è no. E allora
da questo capisci che è meglio lasciarli stare, non tirarli per la giacca, né tantomeno
esibirli come una sorta di Buffalo Bill al circo. E capisci una cosa, specialmente: che questi qui è giusto che dicano su tutto quel che cazzo gli
pare e gli passa per la testa; è così e basta. Ma questo, chi pensa che l’attività
e le scelte della politica, il consenso a queste, si fondano sulla fedeltà ad una persona fisica, ad un capo, con metodi, parole e prassi scopiazzate da qualche setta psico-socio-spirituale,
non lo può capire. Chi ha combattuto per la Libertà ha praticato, nell’essere
certamente fedele ad un ideale e ad una causa, tra i suoi simili, capi o
sottoposti, esclusivamente il valore della lealtà. Cosa assai diversa dalla
fedeltà. E allora, di conseguenza, per la politica modello scientology (o altre
esperienze nostrane similari), è impensabile, inammissibile, che un’associazione,
autonoma giuridicamente e statutariamente, di oltre centoventiquattromila
iscritti, che si ritiene idealmente vicina, possa nel merito di una questione
specifica, democraticamente decidere di pensarla diversamente. Proprio perché quella
politica lì, fondata e tenuta in piedi sul concetto della fedeltà, è forte e
vincente solo se crea rapporti di sottomissione, asservimento e subalternità.
Ecco perché l’aggressione all’ANPI, politica, morale, per certi versi con una
fisicità, è di una gravità e di un pericolo inaudito. Perché non è la solita
schermaglia, gioco fra parti, composizione e scomposizione interna ad un’area o
schieramento. E’ qualcosa di più infido, profondo, pericoloso. E’ il riprodursi
e nuovo prodursi della pretesa di controllo delle coscienze e delle intelligenze e, di
conseguenza dell’esercizio della libertà di pensiero e azione di ognuno. E’ allora,
in quella politica lì, non ci si confronta lealmente nel merito riconoscendosi reciproca autonomia e scelta; si scatenano i pretoriani, quelli televisivi,
giornalistici e da tastiera; quelli che li fai inserire in un corpo estraneo,
avverso, per sovvertirne l’equilibrio, l’ordine, la gerarchia. L'altro, nella sua soggettività organizzata, diventa il nemico da distruggere. E i pretoriani
non sono, figurativamente, equiparabili oggi ai semplici iscritti, militanti,
opinionisti di un partito o movimento. Nell’antichità erano militari scelti che
svolgevano compiti di guardia del corpo dell’imperatore; erano pronti a morire
per l’imperatore, non per una causa o un ideale, si badi bene, per il corpo
dell’imperatore. Per il militante o l'iscritto ad una associazione, a battaglia politica finita, il giorno dopo
è un giorno come un altro, con la propria vita, il proprio lavoro, i propri
affetti. Per il pretoriano la posta è molto più alta, vitale; sul piatto ci si
gioca spesso tutto, metaforicamente la vita. La coscienza individuale, l’esercizio della propria
convinzione, che in una associazione è sinonimo di confronto, dialettica e
democratica sintesi, non può essere riconosciuta da una determinata
strutturazione politica; pena il cedimento delle sue fondamenta. E’ un concetto
che mi genera, e non mi ritengo certamente uno che si impressiona, spavento. Quattro
anni fa, e questa riflessione di oggi coincide con un anniversario, casualmente
il 24 maggio (quello del Piave…), con la maggioranza politica dei Consiglieri
Provinciali di Ancona uscii dall’aula facendo mancare il numero legale, quando
si voleva far approvare un atto che avrebbe fatto aprire una nuova cava su
Monte S. Angelo ad Arcevia; su quel monte il 4 maggio del 1944 i fascisti
ammazzarono più di settanta civili, tra cui una bambina di sei anni, Palmina.
Un luogo sacro, al di là del valore ambientale del territorio, che non può
essere oggetto di interessi privati e speculativi, tanto più autorizzati da
provvedimenti pubblici. L'atto non fu approvato, il Consiglio
Provinciale decadde pochi giorni dopo per fine consiliatura e poi le Province
non sono state più elette dai cittadini. La cava ad oggi non è stata fatta. Non comunicai anticipatamente ad alcuno (a livello politico e di partito) che avrei agito in quel modo e sollecitato altri compagni ad agire così. Chiesi esclusivo consiglio ad un anziano che oggi ha quasi 93 anni, uno di quelli che oggi è giusto dica quello che stracazzo gli pare, un Partigiano; uno offeso e aggredito verbalmente in maniera virulenta, e pubblicamente, da settimane dai famigli dell'imperatore e dai pretoriani. Fu
doloroso quel 24 maggio; la coscienza versus l’appartenenza ad un partito. L’ideale o la
saccoccia. In quel giorno, con quella scelta, si sarebbe esaurito un mio
percorso nella politica attiva, e di questo ne ero consapevole uscendo di casa
la mattina. Da quel giorno, ogni mattina, però, riesco ancora a guardarmi nello
specchio. E per questo non c’è alcuna Mastercard che valga.
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