C’è una scena di
Palombella Rossa, film di Nanni Moretti, in cui il protagonista si accanisce
sul bordo di una piscina, con una giornalista, urlandole addosso “Come parla?!
Le parole sono importanti!!!”. Una scena memorabile, ma che a qualche decennio dal
film, continua ad avere una sua forte suggestione anche su quello che succede
oggi. Si succedono nel Paese continui e ripetuti, goffi e anacronistici,
tentativi di ricomporre la cosiddetta sinistra, per alcuni perduta, per altri
mai dimenticata, per altri ancora da venire. Il tutto per costruire una altrettanta
cosiddetta alternativa politica, a quello che di volta in volta è il partito di
governo e lo schieramento maggioritario. Il tutto per contendersi una piccola
minoranza dei consensi, in quella che è oramai la minoranza dei cittadini che
continuano ad andare a votare; una sorta di radice quadrata, meglio cubica, dei
voti espressi. E se uno guarda ai cosiddetti ricostruttori, chi ci trova, sia a
livello centrale che locale? Reduci di stagioni politiche passate,
professionisti delle sconfitte e jettatori matricolati. Giovani di belle
speranze già vecchi e ultracinquantenni mal invecchiati. Tutte figure e persone
che non hanno nessun radicamento nella vita reale, nessuna aderenza con il
dolore delle persone. E il dolore delle persone, lo dicono accademiche analisi
dei flussi elettorali, non sta nella minoranza che continua a votare, ma sta
nella maggioranza che non vota. Quindi quelli che votano, sempre secondo le
analisi, sono quelli che stanno meglio, e che hanno l’interesse a conservare un
certo stato di cose. Comunque, numericamente, una minoranza. Ma che poi, nella
rappresentazione delegata, è la maggioranza che decide; per tutti. E il più
recente esperimento di ricostruzione della sinistra, che rimanda alla morettina filmografia,
dalla parola è già il programma anticipato di un fallimento: Cosmopolitica; una
sorta di leopolda dei poveracci, per organizzazione e per tempistica. Se chiami
un progetto-evento politico, con un’espressione che subito rimanda allo spazio,
al cosmo, confermi la distanza siderale, è proprio il caso di dirlo, che c’è
tra la politica e i cittadini, tra democrazia e dolore delle persone. Questo da
una parte, più che un danno, è per certi aspetti una fortuna: rende pratiche
politiche fortemente autentiche e legittimate, quelle con la P maiuscola, tutte
quelle iniziative di singoli, o di movimenti e comitati che si autorganizzano
intorno ad un tema concreto e quotidiano, ad una causa. E che, in partenza, scelgono di fare a meno di qualsivoglia rappresentazione politica. E per lo più sono cause
legate a temi del vivere che, pur essendo valori sanciti dalla Costituzione, la
politica prende continuamente a calci nei coglioni: l’ambiente, il paesaggio,
la salute, l’educazione, la tolleranza, i diritti dei singoli, etc. Quindi la
vera alternativa, la strada da percorrere anziché l’orbita spaziale da
raggiungere, al potere che tutela interessi di pochi e impoverisce,
culturalmente e materialmente, l’esistenza di molti, passa ad esempio per la
lotta di un pastore sardo di 85 anni, Ovidio Marras, che da solo ha sconfitto
gli interessi di multinazionali della cementificazione nella sua terra; senza
alcun sostegno della politica tradizionale che, naturalmente, più che alla
terra e alle pecore, pensa al cosmo; e che qualora interpellata e coinvolta, dopo
un flebile abbaglio di rito, si mette a pecorone in un minuto di fronte al
gruppo industriale di turno. C’è una maggioranza demografica in Italia, che è
quella che non vota più. Lì ci sono tante vite e storie di cittadini anonimi,
che ogni giorno si battono per un’altra idea di società, di economia, e anche di
Stato; per un'idea di felicità che non passa più per l'ideologia della merce. Da soli, senza pensare se vinceranno e perderanno, ma solo perché lo
ritengono giusto. Per fortuna che ci sono loro che stanno con i piedi per terra
e lo sguardo, oltre che la schiena, dritto in avanti. Probabilmente, è seriamente il caso, sempre per l'importanza delle parole, di considerare oramai forma arcaica, nella lingua contemporanea, la parola sinistra.
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