Giuliana, nome di
fantasia, mi racconta il suo costante e
sconosciuto impegno quotidiano di lotta solitaria, per far sì che il territorio dove
vive sia rispettoso dell’ambiente e del paesaggio, e non più giornaliera preda di interessi
economici privati, tutti politicamente e legalmente riconosciuti. Giuliana abita in uno dei “paesi semiabbandonati”, così un
masterplan istituzionale sulla riqualificazione turistica, scritto da qualche “docente
del nulla” prezzolato e appecoronato, descrive la piccola comunità dove vive
questa gentile signora; uno che probabilmente lì non c’è mai stato, perché se
ci fosse capitato anche solo per aver sbagliato strada, avrebbe visto che ci sono più di dieci case, e tutte abitate, da
vecchi, adulti, giovani e pure un neonato. Giuliana mi racconta quindici anni di
piccole azioni di sabotaggio, diurne e notturne, che ha compiuto contro un
gruppo industriale molto potente, quelli che quando c’è la campagna elettorale
la busta con i soldi per un contributo in nero, l’allungano, per non sbagliarsi, a tutti, destra,
centro e sinistra, e che da decenni sta scempiando il paesaggio di quella valle. Mi racconta delle denunce, degli esposti fatti alla magistratura, delle telefonate alle forze dell'ordine, delle minacce personali ricevute da persone che l’hanno aspettata la sera sotto
casa. Mi racconta del sindaco di quel paese, di sinistra, che anni fa la
convocò nel suo ufficio in Comune e, facendogli educatamente presente che il suo spirito
civico stava rompendo i coglioni, gli offrì un posto di lavoro sicuro in cambio
del suo ritorno a tempo pieno alle faccende domestiche e familiari. Mi racconta
un sacco di cose che non conoscevo su “quella storia lì”, snocciola atti, cifre.
E’ un fiume in piena Giuliana, non volendo ho liberato i suoi argini. Racconta
con passione, con ritrovata volontà ed entusiasmo di poter rinvigorire la sua
decennale battaglia. Eppure Giuliana era per me finora una riservata signora
borghese, che ha il suo lavoro, una bella famiglia, e la passione filantropica
per gli animali. Non saprei collocarla politicamente, non glielo chiedo e
neanche mi interessa. Mi piace il civismo che la anima, il senso di democrazia
e di giustizia che percepisco dai suoi racconti, il fatto che misuri la vita e
il mondo che la circonda non con i soldi, cosa che potrebbe certamente permettersi, ma
con alcuni valori irrinunciabili, con l’idea che ci sono cose non barattibili,
non compromissibili, perché sono di tutti, perché sono beni comuni; che ci sono
cose e persone che, sorprendentemente, il potere non riesce a comprare. Quante
signore Giuliana ci sono intorno a noi? Che in virtù di quello che ritengono
ingiusto non solo per sé, ma per tutti, disobbediscono, sabotano? Sabotare,
parola antica, ribelle, anarchica, partigiana. E Costituzionale, come ha sentenziato
qualche mese fa la giurisprudenza. Persone consapevoli che la loro solitaria battaglia non sortirà grandi risultati, anzi; però la fanno e basta, perché è per primo un’affermazione dei propri diritti, un onorare la propria coscienza. Che non
si scoraggiano, che non si impauriscono. C’è bisogno di farle emergere queste
persone, di scoprirle e farle conoscere, incontrare tra loro. Di creare un’occasione,
una scintilla, perché la loro solitudine diventi comunità e di conseguenza Politica.
Quella Politica di cui la politica ha il terrore, perché non riconosce capi,
liturgie, non obbedisce, perché pensa, perché sovvertisce, anche con un semplice
volantino. Non servono partiti, contenitori, convescìon. Serve semplicemente
attenzione. Per l’altro, l’uno per l’altro. Un nuovo umanesimo. Reti di civismo
che si prendono cura di ciò che hanno accanto e di chi hanno accanto. Autosufficienti
da ogni forma di rappresentanza delegata. Solo lungo questa strada ci sarà più democrazia e
meno dolore.
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