giovedì 18 febbraio 2016

UNA STORIA SBAGLIATA

Prendo a prestito, nel giorno che sarebbe stato il suo 73 ° compleanno, il titolo di una canzone di Faber per raccontare una storia, per come la so io almeno (e penso di saperla bene), di diversi anni fa, 19 per l’esattezza. E’ la storia del Parco Regionale Naturale della Gola della Rossa e di Frasassi. Una delle zone più belle d’Italia, delle Grotte di Frasassi, delle vie d’arrampicata che stanno su tutti i manuali di roccia, di sentieri escursionistici che portano in antichi abitati ed edificati religiosi eremitici. Quale migliore idea, per la classe dirigente politica di allora, che farlo diventare un territorio protetto, tutelato, e vocato al turismo ambientale, nuova potenziale risorsa occupazionale ed economica, quando già c’erano avvisaglie che lavatrici, frigoriferi e cappe aspiranti non sarebbero durati per sempre? Ci fu subito un però, o meglio, ci furono alcuni però… Il primo, le cave, attività estrattive a cielo aperto che da decenni stavano asportando porzioni di montagne. Come si fa? Le cave danno lavoro, elargiscono frazioni di lire/euro sui volumi estratti alle amministrazioni locali e quindi tengono in piedi i bilanci, sponsorizzano qualche evento culturale di paese; e poi, soprattutto, quando c’è la campagna elettorale, un contributo ai candidati lo danno sempre, e a tutti, destra, centro e sinistra. Il secondo però: la caccia. Come si fa? I cacciatori sono tanti, organizzati in associazioni, e quando ci sono le elezioni votano, e con loro famiglie e parenti, e ogni candidato ne controlla un gruppetto. E allora la politica di allora escogitò il grande compromesso, in pieno stile riformista del tempo. La legge regionale che istituì il parco, escluse dal perimetro dell’area protetta ogni bacino di cava, sui monti e nell’alveo del fiume, e lasciò fuori dal parco un pezzetto di monti e di boschi, liberi per i cacciatori. Per cui, alla fine, chi si beccò i vincoli dell’area protetta? Quelli che ci abitavano e quelli che ci lavoravano, semplici cittadini e gli agricoltori; tutti questi per, come si dice, cambiare una lampadina, dovevano e devono tuttora sottostare a mille prescrizioni e fare decine di pratiche burocratiche. A nessuno invece importò, considerato che nell’area del parco passavano infrastrutture stradali e ferroviarie, a rafforzamento dello spirito ambientalista, di raddoppiare la linea ferroviaria e puntare su un’idea di mobilità sostenibile. Il contrario, come spesso accade: alla fine del primo decennio del XXI secolo, anziché farlo 40 anni prima, quando avrebbe avuto un senso, ad alcuni, mossi da una nuova idea di progresso e sviluppo economico ed industriale di lì ad arrivare dopo la crisi, venne l’idea di raddoppiare l’arteria stradale, perché così si sarebbe potuti arrivare dall’Umbria al mare Adriatico ben 15 minuti prima rispetto alla percorrenza attuale. E allora però come si fa a fare un’opera così, che sbudella il paesaggio e il territorio, in mezzo ad un Parco Naturale, con i vincoli che ci sono? Nessun problema, ecco la Legge Obiettivo, che bypassa ogni normativa preesistente e ogni vincolo: si chiama Quadrilatero. Nel frattempo la linea ferroviaria è funzionale quanto lo sarebbe stata ai tempi di Buffalo Bill. In tutta questa storia, nei diciannove anni, la politica, a tutti i livelli e di ogni colore è stata esemplare: sempre d’accordo, e chi non lo poteva proprio essere per costituzione, un timido abbaglio e poi ficcato in qualche giunta o qualche cda. Intanto negli anni si è promossa e raccontata una grande, e pure costosa a volte, fiaba istituzionale, quella del parco delle meraviglie, con gli uccellini, pesciolini, fiorellini, l’aquila reale di Frasassi, e pure qualche lupo; convegni, seminari ed eventi, passeggiate per le scolaresche, educational tour, carriole di libri e depliant istituzionali, siti e social network istituzionali con foto taroccate che escludono quello che non è conveniente far vedere. E invece, non si ha il coraggio di dire ciò che in realtà è il Parco Naturale della Gola della Rossa e di Frasassi: una delle aree ambientalmente più devastate e degradate della Regione. La politica di oggi fa finta di nulla, non sa da che parte riprenderla questa storia per raddrizzarla, perché gli interessi economici di allora, che piegarono ginocchia e ingrossarono saccocce, sono gli stessi, se non maggiori. C’è, anche qui, un però: un po’ di gente, ad esempio, che domenica scorsa, siccome si è rotta i coglioni della farsa politically corrrect, e non c’ha niente da perdere, quasi per gioco ha ammucchiato sotto la pioggia più di cento persone per una passeggiata dentro la Gola della Rossa, in una strada storica che fu fatta costruire da un Papa nel 1700, e che da anni è interdetta e chiusa, perché data da decenni in uso esclusivo alle imprese delle attività estrattive, in cui oggi lavorano meno di 20 addetti. Abitanti della zona, tra cui un 92 enne, signore refrattarie a tutto che sono uscite di casa sotto l’acqua, ragazze e ragazzi dei centri sociali, ambientalisti ,escursionisti, ciclisti, rocciatori, associazioni ambientaliste, tanti normali cittadini e diversi cani. Un’altra idea di democrazia, di partecipazione, di politica. Vogliono che la strada, che è pubblica, sia rimessa in sicurezza, aggiustata, con una pista ciclabile e transitabile dai residenti e dai mezzi di soccorso. E che quello che stanno facendo alle montagne, dove tutti i giorni esplodono mine e la polvere di calcare imbianca alberi e polmoni, possa essere visto e controllato da tutti. Ce la faranno? Chi può dirlo? Intanto vanno avanti, dopo domenica adesso fanno sul serio. La loro causa la trovate su Facebook alla pagina Riprendiamocilastrada.

P.S. Di quella politica e dei loro rappresentanti istituzionali, che 19 anni fa si inventarono il grande compromesso sul parco, e di quella più recente, protagonista della Quadrilatero e del continuare a far estrarre calcare massiccio dai monti fino al 2043, si conoscono nomi, cognomi, e molti di questi ancora stanno “sul pezzo”, o circolano in qualche convegno. Così come si conoscono altrettanto le generalità di quelli che non sono stati al gioco, non hanno fatto carriere istituzionali e sono tornati al proprio lavoro, o se ne sono trovato uno. 

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