lunedì 2 gennaio 2017

LE MUCCHE DI AGOSTINO

Alle 11 di mattina di una bella giornata limpida e soleggiata di fine 2016, il rilevatore termico della mia dacia sandero segna ancora 1 grado. Ad un certo punto, con la coda dell'occhio, vedo sopra il ciglio della strada un gruppo di mucche; non resisto... faccio inversione, torno indietro e svolto sulla strada laterale che sale e che, dopo trecento metri dal bivio, è chiusa e transennata. 

E già, di lì si saliva per una frazione di Castelsantangelo sul Nera che è completamente crollata, e anche la strada ad un certo punto è rovinata: tutto ora è zona rossa. Ma a me quei pochi metri di strada bastano per scendere dalla macchina, inerpicarmi sulla scarpata, e fare qualche foto alle mucche al pascolo sotto il sole. Quando ridiscendo verso la macchina, sotto la strada c'è un pick-up d'annata con dentro un uomo che mi osserva, un po’ tra l’insospettito e l’incuriosito.

Mi avvicino, lo saluto: 'buongiorno'.

'Che fai - mi chiede scrollando la sigaretta - le mandi ai giornali?’

'No - rispondo sorridendo - non sono un giornalista, è che mi piacciono le mucche, in particolare il muso; sono sue?'

'Si - mi conferma lui - ma qui le cose vanno male fratello, molto male'.

Io in piedi e lui seduto sul pickup col finestrino abbassato e la sigaretta ciondolante, iniziamo una imprevista ed improbabile chiacchierata. Lui, è uno degli otto abitanti che sono rimasti a Castelsantagelo sul Nera, ché sono quelli che c'hanno le bestie e non le possono, e non le hanno volute lasciare. Tutti gli altri sono stati portati "in villeggiatura" sulla costa, in attesa delle casette. Li ho visti, qualche settimana fa sulla costa, aggirarsi disorientati sulla corniche tra palme, panchine e “signorine” dell’Est”. Sguardi spaesati e occhi persi che ti stringono lo stomaco; né “gente di mare”, né “turisti per caso”; solo sfollati del terremoto sull’Appennino.
Anche la moglie e la figlia del proprietario delle mucche sono loro sulla costa. Lui sta da mesi in una roulotte, la sua, ci tiene mettere in chiaro subito. Di notte fa già molto freddo.

'In quattro mesi qui l'unica cosa che ci hanno portato sono i bagni chimici e li hanno messi in paese ai bordi della zona rossa. Devo fare un chilometro per pisciare - adesso è incazzato - e a 71 anni mi capita più di una volta la notte, lo capisci vero? Ti pare normale dopo mesi questa situazione? Qui se va avanti così non ci ritorna più nessuno, che vengono a fare? A cominciare da mia moglie e mia figlia. Diventeranno posti abbandonati. Vogliono che se vanno via tutti'

'Ma tu - gli chiedo - perché resti, solo per le mucche? Quante ne hai, fai latte, formaggio?'

'No, sono poche, quelle che vedi, ma mi servono per arrotondare la pensione, che ci campo con 700 € al mese?'

Ecco, non so proprio cosa rispondergli, è  deluso e arrabbiato, ma né con qualcuno in particolare, né con tutti. È arrabbiato e basta, secondo me ce l'ha con la #strategiadellabbandono, anche se non sa cosa sia, anche se ci combatte da 4 mesi.

Me la cavo con un imbarazzato 'capisco' e con un incoraggiamento semplicemente umano.
Ha il volto stanco, ma gli occhi sono fieri. Non mi ha più risposto sul perché stia lì, oltre che per le mucche. Ma non serve, basta guardarlo negli occhi per capirne il motivo.

Anche lui, per usare un'espressione di Paolo Pileri, nel bel libro "Cosa c'è sotto", è un 'partigiano della pelle del mondo'. Uno dei tanti, sconosciuti e sparsi sui paesi e sull'Appennino. Una moltitudine demograficamente non censibile; che, se il Nemico avesse volto e nome definiti, e loro la tenacia di ritrovarsi anziché rimanere sparpagliati e solitari, si potrebbe mettere insieme un nuovo esercito di Liberazione; Liberazione da tante cose di troppo, in eccesso e sbagliate.


Lui è Agostino, il padrone delle mucche. 

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