Qualche giorno fa al paesello, in macchina incrocio una panda
verde con sulle fiancate la scritta "CARABINIERI". La cosa all'inizio
mi genera sorpresa. 'Ma come - mi chiedo - ma i Carabinieri non c'hanno le
macchine blu scuro? E poi a Genga i Carabinieri della stazione locale, c'hanno
una jeep, l'ho visti al bar due giorni fa!' Poi, ci penso un po', e trovo la
risposta a quanto visto. "Ma certo - mi dico - quelli sono gli agenti
della Forestale che adesso sono stati accorpati nei Carabinieri: i Carabinieri Forestali.
E la prima cosa che mi viene in mente, riguardo ad una scelta fatta in ragione
della razionalizzazione dei costi, e dell'efficientamento dello Stato, è che al
contrario un primo costo in più quella "riforma" ce l'ha avuto
subito: le spese del carrozziere per cambiare la scritta sulle fiancate della
Panda. Tutto questo, c'entra qualcosa con quello che sta accadendo
sull'Appennino questi mesi ed ultimi giorni, piegato dalla neve e dal
terremoto? Si, c'entra eccome, considerata la tragica e straordinaria intensità
dei due fenomeni naturali, e la loro concomitanza. Quello a cui assistiamo, e
viviamo, è una sorta di ultimo quadro di un'opera tragica di uno Stato, e della
sua capacità di prossimità, prontezza ed efficienza verso le difficoltà in cui
improvvisamente possono venire a trovarsi le persone ed i territori. Uno Stato
animato da buoni propositi e volontà, servito da impagabili e generosi
funzionari, ma che gli errori della politica, tutta, perseveranti negli anni,
ha reso incapace di funzionare, dirigere, operare; specie nell'emergenza. Un
gigante scomposto, disarticolato, in affanno. Questo è il prodotto di un'idea di
riforma (si fa per dire), con diversi padri snaturati, delle diverse
articolazioni centrali e periferiche dell'organizzazione statale, senza una
visione complessiva e un road map, dettate dalla lettura dei territori,
dall'ascolto e dal confronto dei cittadini e dei loro bisogni, ma basate
esclusivamente sulla rincorsa al facile e immediato consenso politico, al mito
della riduzione dei costi e dello spreco, alla lotta alla corruzione e alle
opacità. La riduzione ad Enti miserevoli della rete dei Comuni (ho già scritto
su questo blog quello che penso della boiata della fusione dei piccoli
Municipi), lo smantellamento del ruolo e delle funzioni delle Province, e l’umiliante
sballottamento in altre Istituzioni delle loro professionalità, la
trasformazione delle Regioni in elefantiaci soggetti sempre di più gestionali,
la privatizzazione di fatto di servizi territoriali essenziali, svolgenti anche
attività di prevenzione, malcelata in apparenti società pubbliche, ed altro
ancora, hanno allontanato lo Stato dai territori e dalle popolazioni,
ingigantendo l'incapacità di saper prevenire, amministrare, intervenire con
coordinata prontezza. In questo processo, alla fine poi, i vizi che si volevano
eliminare sono rimasti tutti, anzi: i costi eccessivi, gli sprechi, i ladri, le
opacità e i fannulloni. E quindi poi, drammaticamente, è normale che moduli
abitativi definitivi che dovevano arrivare per primavera arriveranno se va bene
d'estate, che non si è capaci di improntare in poche settimane e prima che gli
animali muoiano gelati, stalle in tensostruttura non il patrimonio bovino delle
pampas argentine, ma per poco più di
diecimila capi, che si deportino migliaia di persone dall'Appennino alla costa
con un viaggio che rischia di essere di sola andata, che venga considerata una
struttura di eccellenza un albergo costruito in zona fragilissima dopo che
quanti hanno rilasciato permessi e licenze siano già stati condannati per abuso
edilizio, e che una slavina si porti via hotel e vite umane, che un
amministratore locale con la neve e con le scosse, andando in affanno, decida
al contempo di tenere aperte le scuole e allestire il palasport per farci
dormire i cittadini, che una bufera di neve riesca a disattivare per giorni decine di migliaia di utenze elettriche nel Centro Italia, e non altrettanto a fare in Alaska. "Chi accusa la Protezione Civile attacca il Sistema
Paese" ha detto con emotività l'ing. Fabrizio Curcio. È vero, sono
d'accordo con lui, persona seria e perbene. È legittimo però, non solo non
tacere, ma cominciare a chiedere il conto, senza demagogia, populismo e
giacobinismo, e con nuovi processi di partecipazione e democrazia di base, ai
molti che negli anni e in tempi recenti, hanno fatto, per i loro capricci
politici e per il consenso fine a se stessi, del Sistema Paese quel gigante
Golia che cade in ginocchio quasi esanime di fronte all'ultima scossa sismica e
a un nevone previsto da giorni. E che pensa davvero che si migliori la
prontezza dello Stato cambiando una scritta sulle fiancate di una Panda. Anche
tutto questo è stata ed è #strategiadellabbandono.
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