"Non se sta' a culo puzzo', ninì". Non mi ricordo altro, purtroppo. Era il tuo modo severo di correggere una mia postura un po' scomposta, che assumevo nel giocare sul corridoio di casa. Poi, negli anni, ho realizzato che, con quella frase, sicuramente volessi darmi anche un insegnamento etico. Te ne sei andato che avevo poco più di cinque anni. Mi ricordo, che una mattina nonna venne a prendermi anzitempo all'asilo, dalle suore giuseppine. "Nonno sta male", m'aveva detto riportandomi a casa. Poi, io per molte sere ti ho aspettato dietro la porta, quando sentivo i passi lungo la tromba delle scale del palazzo. "Eccolo, stasera torna a casa", mi dicevo; ma poi era sempre qualcun altro... Da allora sono passati tanti anni, fino a quando, tra un trasloco e l'altro, da uno scatolone sono spuntate due medaglie di bronzo. "Ma di chi sono queste?" ho chiesto. C'era inciso "Brigate Garibaldi". "Mah, ce l'aveva nonno, se l'è portate sempre dietro", m'ha risposto babbo. "Ma in che senso, erano le sue, erano di altri?, ho continuato a domandare. "Boh, lui diceva che erano sue, aveva pure una sorta di diploma, ma quello non se 'rtrova più", mi aveva risposto mio padre, quasi a voler chiudere definitivamente, non tanto la conversione, ma una finestra sul passato, sulla sua vita stessa. Ma per me, però, s'era palesato un immaginario portone, che non andava aperto, ma spalancato. E che faceva incontrare le emozioni del bambino, che aspettava in cima alle scale il ritorno del nonno, con il percorso di vita del nipote quasi cinquantenne. E via allora: Archivio dell'Istituto di Storia, del Distretto Militare, dell'Archivio di Stato di Ancona. E poi, sedute di interrogatori modalità "Ispettore Derrick", a mio padre. E, a quasi 50 anni, salta fuori tutto, o quasi. Perché tu non l'hai mai raccontato a casa e, soprattutto, ne sono certo, anche le carte che ho trovato, la tua storia non documentano proprio tutta. E quindi, eri Partigiano, grado di Sergente, ed eri stato pure arrestato e processato al Tribunale di Ancona, dopo la Liberazione, con altri compagni della Camera del Lavoro, come sobillatore e sovversivo, oltre che ladro. E poi babbo, alla fine, ha parlato; per quel poco che sa, anche lui frugando tra ricordi sbiaditi di un bambino con meno di dieci anni. E quindi, te che stavi a morire di fame come mezzadro sulle campagne di Ostra, non avevi avuto molto scrupolo, per primo verso la tua famiglia, nel nascondere per mesi a casa quei ricchi signori ebrei di Senigallia. Ed i cui figli e nipoti sto cercando in questi mesi, perché credo sia giusto conoscerli. E poi, avevi sotterrato e nascosto le armi dei Partigiani dietro il pagliaio, e a casa, di notte, facevi le riunioni con Brutti, Galassi e Maggini. Quelli che hanno fucilato a Ostra, perché il prete fascista aveva fatto la spia. E quindi, mi sa tanto, che pure tu, in quei giorni, te l'avevi vista proprio brutta. "Ma poi i partigiani, dopo fucilarono il prete. Hanno fatto bene", m'ha detto babbo. Hanno fatto bene, penso anche adesso io. Ma ci pensi, stavi con Galassi, Brutti e Maggini?! Se di dicessi io con che personaggi in questi anni ho fatto le riunioni politiche, ti accenderesti quella "senza filtro" e ti sganasceresti dalle risate... (ecco, fumavi quella roba lì, questo me lo ricordo, perché nonna si incazzava, chè la sera la lasciavi spegnere sul comodino, che più volte aveva rischiato di prendere fuoco...). Questo eri, questo sei, questo sono. Perché poi, negli anni, quando ho fatto e faccio tutt'ora certe cose, a casa tutti a dire rassegnati "tanto è proprio come suo nonno, non c'è niente da fare...". Ma a me piace pensarti quando hai rubato i polli al padrone perché era un sabotaggio contro il Lodo De Gasperi, e t'hanno arrestato e processato ad Ancona. Perché penso, che oggi i soprusi e le ingiustizie vadano combattuti, e sabotare sia un gesto giusto. E a Erri De Luca, uno scrittore, l'hanno assolto proprio perché incitare al sabotaggio, non costituisce reato. E anche io, credo che oggi essere antifascisti significhi, più che portare corone ai cippi una volta l'anno, opporsi alla Tav, al gasdotto, alle trivelle, a quelli che rubano i beni comuni e il futuro delle persone, e che i territori siano di chi c'è nato e di chi ci abita, e non di chi vuole sfruttarli per speculare e arricchirsi. In questi ultimi mesi, sai, per certi aspetti, mi sono applicato molto. Nel paese dove abito, c'è un' amministrazione comunale incurante dei diritti dei suoi cittadini, e della tutela e valorizzazione di un paesaggio straordinario. "Bene comune" non è un concetto che conoscono; anzi, non sanno neanche il significato italiano delle due parole. Qui prevale ancora il sempreverde "affari propri". Adesso, i cortigiani del sindaco, terrorizzati dall'idea che le persone qui possano autodeterminarsi, vanno mormorando che io l'anno prossimo mi voglia candidare a sindaco. Più che altro, sono talmente miserabili, che alla fine mi ci costringeranno. Ma non perché abbia io ambizioni; anzi, andare a spasso tra i monti con il cane (si chiama Broz, come il maresciallo Tito, ti sarebbe piaciuto il nome che gli ho dato) mi dà piu soddisfazioni. Però, trovo insopportabile vedere le persone e questo territorio, trattati in questo modo. Per cui, vedrai, che se alla fine mi candiderò, a casa ridiranno "è come suo nonno, che ci possiamo fare...". Giusto, oggi pomeriggio vado a fare una conferenza sulla Famiglia Cervi. In una città, dove da decenni, la politica di ogni colore, sta vendendo la salute dei cittadini all'industriale ricco e potente. Anche i Cervi, come te, erano un po' matti... Qualche anno fa, sai, ho conosciuto la figlia di Antenore, Maria. Gli ho fatto una promessa; anche lei da tempo non c'è più. Sono certo che "la Maria" ti sarebbe piaciuta molto. Come vedi, sergente Serafino, "a culo puzzò", da quando ero piccolo e mi rimproveravi, non ci sono stato più, ma a volte e ancora oggi, non è stato, non è semplice. Però è così, non riesco a essere e a fare diversamente. Ma so che anche tu non ci sei stato mai. Auguri! Oggi è la tua Festa, e di altri che ancora ci sono, e di tanti che non ci sono più. Noi, la nostra Festa, ce la dobbiamo ancora meritare.
P.S. Su quella bicicletta eri straordinario, non toccavi i piedi per terra, sembri volare, come i sogni. Bravo anche il fotografo dell'epoca. La foto l'abbiamo appesa a casa con noi. Vicino alle tue medaglie, al quadro con i pensieri dei Resistenti europei, di mio suocero Alfiero (era un vecchio liberale, ma un antifascista vero, più dei tanti che oggi alzano il pugno chiuso, e domattina tornano di nuovo "a bottega"), e al ritratto di Che Guevara, che mi ha regalato un amico pittore.