La più recente, il 18 novembre, a
Milano: la BMW M1 dipinta da Andy Warhol, cosparsa di farina 00. Sono
arrivate anche in Italia le azioni dei giovani ambientalisti all’interno dei
musei. A Roma avevano già imbrattato con una zuppa di piselli, “Il seminatore
al tramonto”, un’opera di Van Gogh.
Ad ottobre il primo caso: sempre un quadro di Van Gogh, “I girasoli”, oggetto
del lancio di salsa di pomodoro, da parte del movimento “Just stop oil”, alla
National Gallery di Londra. Passando per il Museo del Prado
di Madrid, dove le ragazze del collettivo “Futuro Vegetal”, si sono
incollate le mani su due cornici di dipinti Goya, “Las majas”. Un purè di
patate, invece, su una tela di Monet, “I pagliai” a Potsdam, in Germania.
Ed altri.
Una forte novità, per la nostra opinione pubblica.
L'analisi della generazione adulta circa l’effetto dei cambiamenti
climatici sul pianeta, è spesso uno sbrigativo “il danno l’abbiamo fatto noi,
adesso le conseguenze risolvetele voi”, rivolto alla generazione più giovane.
Chiamando anche in causa il sistema scolastico, sulla necessità di promuovere
una cultura ecologica tra i ragazzi. Quando, nella scuola, sono anni che
vengono promossi progetti di formazione ed educazione ambientale.
Infatti, se magari con i ragazzi ci si sforza di relazionarcisi e parlare,
si scoprirà che sono molto responsabili nei comportamenti ambientali,
sensibili, e profondamente informati su tutto. Cosa, che contrariamente, è
totalmente deficitaria, e spesso assente, nella generazione degli adulti.
Finora, conoscevamo le attività del movimento internazionale Friday For
Future, radicato anche in Italia, lanciato dalla giovanissima attivista svedese
Greta Thumberg; abbiamo in Italia memoria, anche recente, di scioperi per il
clima degli studenti. Anche a Greta all’inizio, la feroce opinione
pubblica degli adulti, aveva riservato parole dissacranti, di scherno, in certi
casi anche molto offensive: “malata”, “handicappata”.
In tutti i casi nei musei, ai dipinti non è stato arrecato alcun
danno, essendo tutti protetti da lastre di vetro e scelti proprio per questa
caratteristica. E gli attivisti sono entrati pagando il biglietto, ad eccezione
di Londra, dove l’accesso ai musei statali è gratuito.
Altra caratteristica: gli autori di queste manifestazioni sono tutti
giovanissimi, spesso poco più che adolescenti. E sono prevalentemente
donne.
Inoltre, le opere d’arte colpite, hanno per soggetti, elementi
naturali, o attività agricole che potremmo definire “sostenibili”.
Le reazioni sono abbastanza unanimi: sono dei “vandali”, “criminali”, e
vanno puniti. Ho letto in un commento sui social (tra i più
educati e civili), che per punizione, dovrebbero essere obbligati a leccare le
protezioni di vetro per ripulirle. Anche i Direttori dei grandi musei del
mondo, da Londra, a Parigi, New York, Madrid, Bilbao, fino a Firenze e Venezia,
hanno in una lettera aperta, invocato maggiore sicurezza. Gli stessi musei
che da anni, in vere e proprie politiche di greenwashing, riescono
a tenere aperto, nel venir sempre meno le risorse pubbliche, grazie al
mecenatismo di multinazionali legate alla produzione di fonti fossili, come la
Shell, la Total, la British Petroleum, fino all’italianissima ENI.
A proposito di greenwashing, la stessa Fondazione Symbola, la
cui mission è la green economy e l’economia
circolare, ha tra i soci corporation come Intesa San Paolo
(una delle “banche armate”) e McDonald’s Italia, oltre ad aver avuto tra i soci
per molti anni l’ENI (tra i responsabili del disboscamento delle foreste
mondiali per la produzione di biodiesel, compresa quella amazzonica), e nel
Comitato Promotore Alessandro Profumo, ex ENI e attuale AD della Leonardo
s.p.a. (tecnologie da combattimento e mezzi militari). Per questo i musei e le
esposizioni d’arte, sono scelte dagli attivisti per le loro azioni.
Sempre nel settore però, i giovani attivisti, sono stati difesi e
sostenuti dall’ICOM (International Council Musem), un’istituzione
forse meno condizionata dalle lobbyes, che “vede la scelta dei
musei a sfondo per queste proteste climatiche, come una testimonianza del loro
potere simbolico, e rilevanza nelle discussioni sull’emergenza climatica”.
Una delle poche voci che, ragionando, ha compreso le ragioni e il metodo di
queste azioni di disobbedienza civile, è stato il quotidiano Avvenire. La
condanna verbale (per ora) arriva, va sottolineato, da un mondo esclusivamente
adulto, occidentale, e di bianchi. Da un’opinione pubblica, composta ceti
agiati e con importanti ruoli sociali. Mesi fa, in un talk televisivo, ho
assistito a una scena pessima: il giornalista Federico Rampini, che si
scagliava con violenza verbale, verso delle ragazzine di “Friday for future”,
che a Torino stavano partecipando a un meeting sul clima. Un
canuto e agiato intellettuale, che denigrava delle giovani che, per età,
sarebbero potute essere le nipoti. Ma siamo sicuri che “i vandali” siano i
giovani? O piuttosto, se ci fermiamo un po’ a riflettere, i vandali siamo
noi? Le generazioni degli adulti, che consegnano a questi ragazzi un Pianeta
(la Casa Comune) dove gli umani, per colpa delle scelte fatte, e di quelle che
non vogliamo fare (basti vedere le conclusioni farsa della Cop 27 in
Egitto), hanno i decenni contati, per gli effetti dei cambiamenti climatici.
Una cosa mi ha colpito dei giovani italiani: il loro movimento si chiama,
non a caso, Ultima Generazione. Non vi sgomenta, pensare che questi
adolescenti, anziché certi di essere il futuro, sono già consapevoli che la
loro, sulla Terra, sarà l’ultima generazione di umani a poter fare qualcosa
prima dell’estinzione climatica? E che la responsabilità è esclusivamente nostra?
Sono certo che Van Gogh, assieme agli altri grandi colleghi, starebbe dalla
parte di questi ragazzi, nel vedere come, in nome di parole divenute
rivoltanti, quali crescita e sviluppo, e per il dominio dell’economia e della
finanza, abbiamo ridotto quei campi. In cui, al posto dei suoi girasoli e del
paziente seminatore, ci sono interrati rifiuti industriali cancerogeni e
distese di pannelli fotovoltaici; e seminate, anziché le biodiversità, le
colture intensive delle multinazionali dell’agroalimentare (ad esempio la
coltivazione dei noccioleti nell’Appennino marchigiano, l’ha introdotta
l’azione di lobbing della Fondazione Merloni, con il progetto
“Save the Apps…). Van Gogh, morto povero e in solitudine, ci lancerebbe
addosso non solo le tempere, ma anche tavolozza e pennelli. A noi, che nel fare
del capitalismo il nostro idolo, abbiamo distrutto la Casa Comune.
Costringendo l’“ultima generazione”, a un
disperato flash mob, per farci capire (forse) che noi adulti, non
abbiamo scelto né l’arte, né la vita. Ma, nel perseguire il nostro egoistico
benessere, le abbiamo disprezzate entrambe.
P.S. Questi giovani movimenti, visto che siete tutti
pratici anche in età avanzata, seguiteli sui social (Facebook,
Instagram, Tik Tok). Così, vi renderete conto, che hanno ragione e fanno bene.
*pubblicato su comune-info.net il 1 dicembre 2022