Certo,
che la vita da cittadino, in certe situazioni, è difficile. Intendo se vuoi
essere un cittadino attento, informato, e partecipe di quelle che sono le
dinamiche gestionali e decisionali delle Istituzioni politiche che regolano la
vita del posto dove abiti. Poi, se non te ne importa nulla, la qualità della
vita nel luogo dove stai non è la tua priorità, se non pensi che chi ti
amministra ti debba garantire dei servizi, agendo nella trasparenza, se sei uno
di quelli che il voto se lo vende per un frizzantino, allora tutto chiaramente
è molto più semplice e indolore. Ma alla fine, non sei diverso dal somaro che
abbassa la testa per paura del padrone. Cercavo da tempo un’Ordinanza Sindacale
del Comune di Genga, che disciplina la viabilità della strada comunale della
mia frazione, di molti anni fa. Uno di quei provvedimenti di cui si parla, si
dice, si menziona, ma di cui nessuno sa bene cosa ci sia scritto. Un atto, che
per età, non si trova sull’Albo Pretorio on line del Comune, che per le
Ordinanze non va indietro nel tempo oltre il 2010. Per cui mi sono recato in Comune per fare la
richiesta di accesso agli atti ai sensi della Legge 241 del 1990. Chiedendo di
avere copia semplice del documento che mi interessava. Era il 10 settembre
2018. Il 4 ottobre, mi arriva un email del Comune, firmata dal responsabile
dell’Ufficio competente, che mi comunicava che, per avere copia semplice di
quell’atto che risultava essere del 1991, avrei dovuto versare anticipatamente
alla Tesoreria Comunale 30 centesimi di euro per il costo della fotocopia
(trattandosi di un solo foglio), più 50 euro di diritti di ricerca, trattandosi
di un documento di oltre 10 anni fa. I 50 euro, stabiliti non dalla legge, ma
da una delibera, la n.7 del 19 gennaio 2002, della Giunta Comunale di Genga,
con oggetto: “Approvazione tariffe e rilascio copie documenti – art. 6 comma 2
del Regolamento Comunale per il diritto di accesso agli atti amministrativi:
conteggio diritti”. Abbastanza sconcertato che ad un cittadino, dovendo per
legge favorire il diritto alla trasparenza e all’informazione, un Comune chieda
50 euro, mi informo su altri Enti per sapere un po’ come si regolano. A Jesi ad
esempio, a prescindere dalla stagionalità dell’atto non si paga nulla, oltre il
costo della fotocopia (20 centesimi di euro, meno che a Genga…). Ho il buon
esempio dell’Unione Montana Esino Frasassi, dove per una richiesta di atti e
documenti, abbastanza corposa, non solo non mi hanno chiesto il pagamento di
alcun diritto per qualcosa, ma addirittura mi hanno spedito a casa con
raccomandata A/R i documenti chiesti. La cosa che poi costituisce un
aggravante, è che sull’Albo Pretorio on line e sul sito del Comune di Genga, la
delibera di Giunta del 2002, non c’è; o meglio c’è solo il frontespizio che non
dice nulla nel merito, con i nomi dei componenti della Giunta di allora, tutti
presenti. Così come non c’è on line sul sito del Comune il richiamato
Regolamento per il diritto di accesso agli atti. Il 5 ottobre rispondo
all’email del responsabile comunale, chiedendo se per la sola presa visione del
documento fosse necessario pagare qualcosa. Mi risponde, sempre in giornata,
che “per la sola presa visione l’esame è gratuito”. Per cui qualche mattina
dopo salgo in Comune, vado all’ufficio di riferimento, e il responsabile mi
mette sopra tavolo il foglio del documento richiesto perché potessi leggerlo,
tirandolo fuori da un fascicolo posato sulla sua scrivania. “Se vuole – mi dice
- può fotografarlo con il cellulare”. Per cui, il paradosso grottesco è che ho
il documento che cercavo, che posso stampare e volantinare, senza aver pagato
il costo della fotocopia e i 50 euro del diritto di ricerca. Ricerca che, e
questo è l’assurdo, un impiegato comunale ha comunque fatto nell’archivio
comunale, dentro qualche vecchio scaffale e faldone, per far arrivare quel
foglio sopra il tavolo del responsabile del servizio. Sia che io avessi voluto
una copia semplice, sia che avessi voluto semplicemente prenderne visione. Nel
mentre, il 7 ottobre, abbastanza incazzato per tutta questa storia miserabile,
avevo fatto un quesito all’Ombudsman della Regione Marche, il Garante dei
Diritti dei Cittadini, quello che un tempo si chiamava semplicemente il Difensore
Civico Regionale. Chiedendo se questa questione dei 50 euro richiesti, fosse
regolare rispetto alla legge, o se fosse un prezzo, considerata l’onerosità per
il cittadino, che di fatto proibisse e scoraggiasse il diritto alla
informazione e alla trasparenza. Con grande dovizia di riferimenti normativi,
il 16 ottobre, il Garante mi ha risposto, ed inviato la risposta via p.e.c. anche
al Comune di Genga. In sostanza, dalla risposta si evince che il Comune di
Genga applica un regolamento legato ad una delibera di Giunta del 2002, e non
aggiornato con la normativa di riferimento attuale che è del 2006. Inoltre, la
tariffa oggi richiestami di 50 euro per i diritti di ricerca, contravviene il
Regolamento dell’Autorità Nazionale Anticorruzione del 31 maggio 2016, che
fissa una soglia massima di 12,50 euro per il diritto di ricerca. Che dire, in
conclusione? Semplicemente che questo piccolo fatto, conferma la cultura
politica che a Genga, ma anche da altre parti, da troppi anni opera perché
trasparenza ed informazione non siano una pratica quotidiana e un patrimonio di
valori condiviso con i cittadini. Perché, chiaramente, quest’ultimi, meno
sanno, conoscono, sono informati, più la politica melmosa e putrescente, che
manovra la cosa pubblica favorendo solo gli interessi particolari di alcuni,
sopravvive, si perpetua, si riproduce.
Si commenta da se'. Sarebbe importante che quanto hai scritto venisse letto dai responsabili amministrativi di Genga. I nostri commenti, qui, puoi immaginarteli. Mi piacerebbe conoscere i loro.
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