Da un po’ di tempo,
incrociandosi nello struscio lungo le scale con le guide di moquette dell’Aula,
ne avevano cominciato ad accennare. Alla spicciolata, dapprima. Un sussurrato,
un bisbigliato, nella casualità degli incontri. Poi qualche giorno dopo s’erano
ritrovati tutti assieme ad una cerimonia, ed allora, l’uno di fianco l’altro in
prima fila sulla sinistra, presero il toro per le corna. Approfittando del
ritardo di inizio dell’evento.
“Sentite – disse il
primo rompendo il ghiaccio – oramai sono passati oltre due anni. Secondo me è
giusto che gliela diciamo tutta fino in fondo. Dobbiamo avere l’onestà e il
coraggio della verità, per una volta. Mettiamo da parte i ruoli, passati e
presenti, e proviamo ad essere uomini veramente di Stato.”
“Si – abbozzò il
secondo – me pare giusto. Almeno se mettono ‘l core in pace.”
“Ci sto –chiarì il
terzo – ma a patto che voi due non fate i bischeri come al solito, e mi si dà
la colpa sempre a me”
“No, no – disse il
secondo – qui o è chiaro che stamo tutti su la stessa barca, o nun famo proprio
gnente. Io c’ho pure le discendenze da quelle parti.”
“Tranquilli – riprese
il primo – tutti assieme, senza trucchi e furbizie. Vale primo per me, che in
pochi mesi già là ci sono andato ben tre volte. Io però bisogna che mi porti
pure quegli altri due.”
“E che palle – sbottò
il terzo – tu sempre con codesti badanti appresso. A un patto però. Che almeno
stanno in disparte e non insieme a noi tre. Almeno un poco di rispetto per il
cerimoniale.”
“Si, vabbè, ma quanno
jelo dimo? – chiese il secondo – Mica adesso proprio che s’avvicina er Natale e
le Feste?”
“Allora facciamo così
– concluse il primo – lo facciamo direttamente dopo la Befana. Però oltre a noi
tre ci devono stare tutti quelli che finora hanno avuto un ruolo. Deve essere
un’assunzione di responsabilità completa e collettiva.”
“Vabbè”, “Okay”,
condivisero gli altri due.
E fu così che qualche
giorno dopo l’Epifania, fu convocata l’ufficiale conferenza stampa. Una cosa
mai vista finora. Da Quarta Repubblica.
Tre Presidenti del
Consiglio. Quattro Presidenti di Regione. Tre Commissari. Un Sottosegretario
delegato.
“Cari cittadini del Cratere
– esordì il primo – come Portavoce dei presenti, sta a me l’onere e l’onore di
dirvi, a nome di tutti, e condiviso da tutti, sia chiaro, quanto segue. Sono
passati oltre due anni, e riteniamo giusto raccontarvi fino in fondo la verità,
perché possiate una volta per tutte farvene una ragione e mettervi il cuore in
pace. Spiegando anche le ragioni di quello che tutti assieme abbiamo fatto
finora. E la verità, come la storia ci insegna, è sempre molto semplice. La
Ricostruzione non ci sarà. Ecco tutto. Sarebbe inutile, e poco onesto e
corretto, che continuiamo a portarvi in giro. Alimentando aspettative, e
generando ancora conseguenti delusioni. Abbiamo ancora le baracche in Belice,
abitate e pure con l’amianto; opere finanziate e mai completate in Irpinia; a
L’Aquila ancora è quello che è; in Emilia ci sono ancora diverse migliaia di
persone senza casa, però almeno lì, che si sappia, i capannoni li abbiamo
rifatti tutti, anche dove prima del terremoto non c’erano. Questa è la
situazione in Italia. E voi pensate per davvero che noi ci potremmo occupare
concretamente del post terremoto vostro? Uno statista, come diceva uno anni fa,
non pensa all’oggi, ma progetta già il domani. E noi, ci stiamo occupando già
da ora del terremoto che deve ancora arrivare. Questo è il compito di una vera
classe dirigente italiana. Degli affari che esso potrà muovere e sviluppare.
Che potranno ancor meglio far viaggiare la locomotiva Italia. Noi, per voi, che
poi non siete manco tanti a potenziale elettorale, diciamocela tutta, abbiamo
fatto già molto. Molto di più che nel passato per i vostri connazionali. Vi
abbiamo portato via un po’ di macerie. Vi abbiamo fatto le casette. Ci sono
costate a metro quadro più che le case vere. E se si fradicia un pavimento, se
l’umidità ci fa spuntare dentro qualche fungo, che volete che sia. Un po’ di
manutenzione periodica e si risolve. Che poi significa anche continuitàoccupazionale,
no? Sono due anni che vi manteniamo con il CAS. Milleottocento e passa di voi
sono ancora in villeggiatura sugli alberghi al mare. Altro che la pacchia è
finita… (secondo,
terzo e badante uno lo fulminano con lo sguardo) No, scusate, una battuta per alleggerire, m’è scappata. Comunque,
però, che volete di più? E tutto questo sappiatelo, ha già smosso quell’economia
che a noi sta più a cuore. Movimento terra a tutto andare, sbancamenti,
gettate, consorzi che hanno realizzato, imprese che hanno dato lavoro (e anche
in nero, quando è stato indispensabile), consorterie che hanno trovato nuova
linfa. E poi vi abbiamo fatto il Deltaplano a Castelluccio, quello è
indispensabile per il turismo, a che serve ricostruire un paese per otto
famiglie? Abbiamo speso più di due milioni di euro per riaprire la Grotta
sudatoria nel Piceno anche se non è stata lesionata, vi faremo le piste
ciclabili, c’avete pure i concerti di Risorgimarche gratis; e non è che ci
costino poco. Abbiamo comprato per voi, a spese dello Stato, da banche fallite
e costruttori sul lastrico, nuovissimi appartamenti invenduti, in pianura e
sulla costa. E poi il condono, per primo per Ischia. Vi pare niente tutto
questo!? Ma perché insistete così tanto a voler restare sull’Appennino? Ma chi
ve lo fa fare a voler tornare in quei posti sperduti dimenticati da Dio? In
quei paesi sgarrrupati dove è freddo pure d’estate? Ma trasferitevi sulla
costa, in pianura, nelle grandi città. E lì lasciateci, se proprio si rifiutano
di far altro, quei pochi anziani e qualche perditempo nostalgico. Nelle
casette, tempo qualche anno, ci resteranno giusto loro. Come pensate di stare
in quei box di plastica, senza un negozio, un bar, uno spazio di socialità
intorno? Con l’ospedale più vicino ad oltre un’ora di macchina? E non penserete
mica che i nostri giovani dovranno arrivare fino su quei monti per studiare?
Come 683 anni fa? Adesso che non c’è più manco la cittadina? Costa troppo, e di
Università in Italia ce ne sono già troppe. Dobbiamo razionalizzare, ce lo
chiede pure l’Europa, lo sapete. Se ve ne andrete definitivamente, ci darete
una mano. Un contributo all’interesse nazionale. A noi l’Appennino serve. Vuoto
e spopolato, però. Ci dobbiamo far passare il gasdotto della Snam, fare gli eliporti,
i villaggi vacanze per i ricchi, con tutti i confort necessari: centri
commerciali, campi da golf, parchi acquatici per le moto d’acqua, aziende faunistiche private
per poter cacciare liberamente, itinerari trend per i Camminatori dello
Spirito, progettati dalle fondazioni private. E grazie a queste, sempre, finalmente,
una vera agricoltura e zootecnia industriale intensiva. Piantagioni sterminate
di nocciole e stalle con almeno mille vacche nutrici. Così si aumenta il PIL
dell’Appennino, mica con i pascoli e i prodotti autoctoni. E poi, dobbiamo fare
nuove strade: pedemontane, intervallive, che consentano di far arrivare in
fretta sulla costa i turisti, saltando tutte quelle curve, quei paesi diroccati
che oramai sono solo un pessimo biglietto da visita del sistema Paese. Ci sarà
di nuovo lavoro per le grandi imprese di costruzioni. Insomma, cari italiani
del Cratere del Centro Italia, tutto questo, se voi insistete a resistere, non
sarà possibile. Con voi lì, e qualche Sindaco un po’ matto, che non si accontenta neanche di essere eletto in Parlamento, che mette i bastoni
tra le ruote, a fare tutto questo ci metteremmo troppo tempo. Vi chiediamo
rassegnazione, ne siamo consapevoli. Ma anche responsabilità. Di mettere da
parte un vostro interesse particolare, per quello più generale della Nazione.
Di questo, sappiate, non solo noi, ma tutti gli altri italiani, ve ne saranno
grati. E infine, poi…”
…poi
un sussulto, ansioso. Sudato. Sono sveglio. Laura dorme, meno male. Era un
sogno. Un incubo. La cena pesante, ieri; quel bicchiere di troppo. Sollievo. Per
fortuna. Nella realtà non è così. Non sarà così che andranno le cose. Ho visto,
in questi due anni; toccato con mano. E’ proprio tutto il contrario. Bene. Mi
posso riaddormentare, che fra non molto suona la sveglia sul cellulare.
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